Quanto vi piacciono le banane?

Federico Luzuy, sebbene sia partito per l’Australia proprio quando iniziavamo a skateare Whidaw,  è parte della ciurma: di persone come lui ne ho conosciute davvero poche. Da quando ha abbandonato il paese infame che lo costringeva in una quotidianità “troppo stretta”, ogni tanto scrive agli amici delle mail per raccontare l’esperienza che sta vivendo nell’altro emisfero… un’esperienza che senza alcun dubbio sta cambiando la sua vita. Pubblico su questo blog uno dei suoi numerosi racconti per due essenzialissime ragioni. Per prima cosa Luzu ha preso una decisione radicale: ha scelto di “Vivere Libero” piuttosto che “Morire lavorando in un posto di merda”… per questo merita tutto il mio Rispetto (uso il termine nel senso dei “negri”, Peace YO!). In secondo luogo l’esperienza particolare raccontata di seguito è una vera e propria Notizia (di quelle vere… non come quando cade il governo o come quando esce l’ultima videopart del caro Ninjha): Fede ha trascorso alcuni mesi della sua vita lavorando per una multinazionale che produce banane (“ti è piaciuto eh!? brutta frociazza!”), ha lavorato come un immigrato qualsiasi, in condizioni che per molti potrebbero essere definite “estreme” e soprattutto racconta un mondo che, senza il suo contributo, non avrei mai conosciuto. Le righe che seguono sono intense, dense e trasudano la Vita con la “V” maiuscola: per questo le pubblico! Per dire a voi che leggete “ascoltate la voce di chi sta osservando fisicamente un mondo lontano” (in tutti i sensi). Per dire a Luzu “cazzo ti devo dire?! sei il capo e non vedo l’ora che torni per farti lisciare il cementone!!”

Buona lettura!

p.s. ci vediamo presto Fede! Anubi!

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Salve!
Beh! a questo punto dovrei raccontare del mesetto e mezzo  fatto in van (esperanto) assieme a i mie due compari Tim e Bastien  di posti bellissimi e situazioni surreali ma … umm.. vi dico solo che oltre a farci portare dagli eventi di posto in posto avevamo deciso che ognuno proponeva un meta particolare  ; Tim ha voluto fare un tour per vedere le balene, Bastien voleva vedere “Whiteheaven beach” e per vederla abbiamo dovuto fare un viaggio organizzato in barca , malgrado la mia repulsione verso i tours a pagamento mi ha fatto opporre fino all’ultimo ma poi alla fine ho ceduto e anche ringraziato Bastien per la decisione , Whiteheaven è il posto più bello che abbia mai visto e a causa delle maree e della Nasa tra 50  anni questa spiaggia bellissima non esisterà più. Io ???  Io visto che volevo fare cose che non comportavano costo mi ero guadagnato due mete , la prima è stata Cape tribulation un posto bellissimo immerso nella foresta pluviale e la seconda andare al mercato di Kuranda, che dire mi piacciono i mercati ! Soprattutto quelli come questo , la gente che vive in questa cittadina e nei dintorni  abita in case dove l’ acqua e riciclata dall’ acqua piovana , la luce arriva dai pannelli solari  e il cibo dall’ orto , visto il clima caldo hanno frutta e verdura tutto l` anno e per lo stesso motivo vestiti pesanti non servono e le scarpe non le usano in molti , per arrotondare le persone vendono al mercato, c’ è chi vende marmellate chi fabbrica strumenti musicali ,chi vestiti di canapa e ovviamente il più devastato ha lo skateshop e 6 denti in bocca . Purtroppo non sono riuscito a trovare un modo per rimanere lì ma è stato ufficialmente iscritto nel posti dove prima o poi proverò a VIVERE in pianta stabile.
Ma appunto dicevo non mi interessa parlare di quello che fatto perché oggi si parla di BANANE ! grandi, piccole , gialle e ammaccate il frutto che scatena ilarità e felicità tra grandi e piccini eccolo qua’! La banana è nella mia memoria il primo imputato accusato di essere importato da migliaia di km di distanza maturato in un aereo o in una barca  con tutti i “ne vale la pena?” Annessi e connessi, be ora che di banane ne ho maneggiate parecchie posso raccontarvi come la vedo io e darvi uno scorcio di realtà su questo mondo.
Ero in cerca di lavoro da settimane quando finalmente ricevo una telefonata , una donna dall’ accento indiano mi dice di essere di DOLE multinazionale che vende Banane anche all’ Esselunga , mi offrono un lavoro a Lakeland nella penisola di CapeYork terra grande quasi come l’italia ma con un quinto degli abitanti di Milano, convinco Tim e partiamo , dobbiamo fare circa 600 km Distanza che in Australia è pressoché normale , attraversiamo la zona tropicale della costa disseminata di banane ,manghi e papaya e arriviamo a Mareeba , da li ci spiegano la strada e ci avvertono che stiamo andando nel nulla ci raccomandano il pieno di benzina , acqua e di fare shopping .Non sapendo minimamente se abbiamo preso un bidone facciamo i circa 200km che separano la nostra nuova casa dalla prima cittadina , il paesaggio è arido e desolato ,nessuna abitazione solo savana e qualche macchina bruciata,arriviamo a Lakeland quattro case una Roadhouse e una pompa di benzina, a dieci km la nostra piantagione e la nostra nuova casa un complesso di casette prefabbricate in metallo .
Lakeland e veramente un posto dove la natura ha ancora il pieno controllo ; quand’è l` ultima volta che avete visto una mantide religiosa o un insetto stecco?qua tutti i giorni e  dappertutto! Il numero medio di mosche che hai addosso è impressionante ma  in camera o gecki che mi aiutano in ogni momento , a 300 metri c’è un lago , ci vado tutti i giorni a suonare e sembra veramente di essere seduti a guardare un documentario del national geografic  , pellicani che pescano, centinaia di uccelli , tartarughe , delle specie di aragoste d` acqua dolce, coccodrilli ,pappagalli coloratissimi e  canguri più numerosi delle formiche.
Ma veniamo alle Banane , per mia fortuna ho avuto la possibilità di vedere tutte le fasi di vita del banano e per mia fortuna il mio capo filippino che è in Australia da meno di me mi racconta molto di cos`è il lavoro in quelle nazioni da cui le banane arrivano a noi Italiani.
A lakeland è stato deciso di piantare banane nonostante non piova da maggio a novembre per via della terra vulcanica , l`acqua viene rubata al lago per il resto dell’ anno ,  a farle crescere ci pensano poi fertilizzanti e pesticidi e ovviamente gli uomini .. si lavora da 9 a 12 ore al giorno con mezzora di pausa , quando ho iniziato io e tim eravamo i soli europei , una fitta comunità di srilankesi (che mi ha fatto venire nostalgia ) , qualche matto delle Fiji e diversi indiani .
Casualmente inizio a lavorare proprio piantandole , centinaia di piccole piantine allineate in doppie file lunghe 500 m o un km che da quel giorno vengono irrigate d’ acqua più qualche centinaio di kg di nitrati e nel giro di un paio di settimane raddoppiano di taglia , assieme ad esse tutto quello che ce attorno cresce ,ma il problema viene facilmente risolto con un erbicida e poi con un pesticida preventivo  ,i canguri che attorno non vedono un filo d` erba verde ci vanno a nozze e mangiano le verdissime foglioline di banana condite di chimica ma anche qua l` astuzia umana risolve abilmente il problema ,invece di fare manutenzione alle reti di recinzione si spara , in un giorno vengono uccisi 52 canguri e alle mie proteste mi viene mostrata la legge che in Queensland autorizza ogni farmer  a uccidere senza limite di numero.
La banana è sopravvissuta .. per i prossimi 10-12 mesi crescerà e cominceranno a spuntare piante secondarie in questo periodovengono ciclicamente spruzzati altri erbicidi , funghicidi ,pesticidi che consentono alla pianta di crescere ,il fatto che tutti questi prodotti siano altamente tossici non è ne segreto ne messo indubbio , rischiando di venirne a contatto mi sono informato un po,  già nelle modalità e precauzioni d` uso ci sono abbastanza informazioni da fartela addosso dalla paura .Il  TOKUTHION è un pesticida per  cui è consigliato l`utilizzo  solo ogni 12/18 mesi (!!!) , una volta spruzzato è  altamente sconsigliata la raccolta della frutta per 8 settimane ,va spruzzato con indumenti e maschere speciali ed è sconsigliato lavorare nei pressi del terreno in cui è stato spruzzato per almeno 48 ore a causa delle esalazioni nocive ,indovinate quale dei consigli è eluso? TUTTI. La pericolosità del pesticida non diluito è tale che l`ingestione di una piccolissima quantità è letale e venirne a contatto non è così difficile ; ogni volta che si riempie la tanica del trattore , tutte le volte che ci si passa una mano sulla fronte per togliere il sudore che gronda o semplicemente per cacciare una mosca , se io sono compulsivo e sono sempre super attento agli schizzi a lavarmi a non toccarmi,ecc …lo stesso non vale per chi ci lavora da tanto che perde l` abitudine   di starci attento  per non parlare degli srilankesi che pensano solo a lavorare come muli ,i supervisori non si sprecano molto di farsi capire nel loro inglese australiano e quindi se uno di loro ha una maschera al contrario si fanno semplicemente una risata . Tutti questi prodotti sono non cancerogeni ma bensi mutogeni , rimangono nel terreno e inquinano la falda ,gli insetti sono in grado di portare i pesticidi fino a 15 km di distanza cosa succede agli animali più grandi uccelli , canguri che si cibano lì? e quelli che si mangiano la bistecca di canguro alla roadhouse ?

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

A me trovare morti dei bellissimi pappagalli colorati nella piantagione basta come risposta. Una volta che dal banano comincia ad uscire il fiore ( vedi foto) nella parte inferiore  chiamata campana viene iniettato un fertilizzante  che ne accellera e migliora la fioritura , a qualche settimana di distanza vengono fatte le ultime due operazioni prima della raccolta  , ” bagging” che consiste nel tagliare la campana prima della fioritura completa e lasciare solo le prime file di banane in questo modo il nutrimento della pianta arriverà a meno banane che diventeranno molto più grandi , spruzzare un pesticida e mettere una sacca di plastica doppia che le “proteggerà”  dalla maturazione data dal sole e dagli uccelli allo stesso tempo diventerà un pericolo perché ragni , serpenti e pipistrelli ci andranno a fare il pisolino . A questo punto il casco di banane comincia a diventare pesante e le radici dell’ albero che sono cresciute troppo lentamente rispetto al tronco e al frutto non sono in grado di sostenerne il peso , per evitare che l`albero cada viene legato ” stringing” ad un altro albero per fare contrappeso . Queste due “bagging” e ” stringing” sono quasi sempre pagate a numero ,un bagger ne fa anche 350 al giorno uno stringer anche 400 ,tutti i giorni per anni… questo è uguale in tutto il mondo e molto spesso lo stringing è un lavoro che in molti paesi fanno i bambini ,io al primo giorno dopo 6 ore avevo le mani completamente tagliate , dalla corda di Nylon .
Suona la sveglia sono le 4.30 , oggi è il mio primo giorno di raccolta , mentre il mio cutter si affila il machete mi chiedo  veramente se ce la posso fare , Singham mi fa vedere come si prende un ” bunch” : il cutter taglia le string ,con due colpi di machete incide l` albero ,  Singham a quel punto prende la base le casco tira l` albero che si piega e appoggia il bunch sulla spalla il cutter taglia l` altra estremità e corre a poggiarlo sul rimorchio . Ad uno dei primi ho fatto esattamente come nei cartoni animati quando danno un pugno sulla schiena del mulo che apre le gambe e rimane a terra ,Singham rideva … Un  bunch di banane  pesa dai 25 ai 100 kg , per fortuna nella mia piantagione sono piccoli ( 35 kg di media) il più pesante che ho portato pesava 76 kg  (quello nella foto e sui 60), in  ogni rimorchio ce ne stanno una 50 e ci si mette una 40ina di minuti a riempirlo con due portatori , l` ho fatto un sacco di volte sotto la pioggia battente , sotto il sole , per dieci ore nel fango perché le banane al supermercato ci sono tutti i giorni il consumatore non aspetta . E chi lo fa per dieci anni ? Pol il mio capo mi dice che Nelle Filippine a 28 anni sei già un portatore anziano .E io ? Perché lo faccio? Ci ho pensato seriamente ma ora devo dire (e sapendo di doverlo fare per poco) che mi piace ,il clima nel team è ottimo e ci si aiuta tutti senza pensare , è stata anche una prova per me stesso per dirmi che posso fare anche un lavoro duro come questo e se qualche mese fa l` avrei definito semplice machismo ora la vedo un po diversa e sentirsi dire dal cutter che aveva scommesso  che con i miei 63kg non ce`avrei fatta mi fa orgoglio.
Raccolto il frutto i banano viene completamente tagliato e una delle piantine cresciute spontaneamente al suo fianco darà a sua volta un frutto in un anno o poco più, come potete immaginare dopo un po tra alberi tagliati piante che crescono ogni dove , erba,ecc il campo diventa una vera giungla e le nuove piante perdono nutrimento producendo meno , per questo ciclicamente i campi vengono rasi al suolo , ma prima viene richiesto l` ultimo sforzo ovvero a tutte le piante che non danno frutto viene iniettato il DIESEL per farle morire così da lasciare nutrimento alle altre , sono certo che iniettare e rilasciare Diesel nel suolo in Europa sarebbe illegale ma non qua .A quel punto squadre con i machete tagliano tutti gli alberi ,se per la prima ora è divertente  e ti senti un figo diventa dopo 4 ore faticoso e molto pericoloso e quando ti sono cadute addosso un po di piante e  realizzi che ti sei quasi tagliato una mano la prendi diversamente. Il campo viene dopo un po completamente abbattuto con buldozzer e spruzzato con un potentissimo erbicida che farà in modo che per un anno non ci cresca nulla .

OLYMPUS DIGITAL CAMERA
Una volta raccolte verranno portate all’ impacchettamento , si apre la sacca il bunch viene appeso , lavato e tagliato.La mania umana dell’estetica fa si che la banana debba essere tutta gialla senza macchie e imperfezioni e questo per una multinazionale significa un nome riconosciuto di qualità,tutte le banane con una macchia più grande di un unghia vengono buttate ,una macchia può essere data da mille motivi e 9 su 10 non corrisponde ad una banana nera ma il consumatore questo non lo sa  quindi se vede una macchia non compra , stesso destino per le banane che i fertilizzanti hanno fatto crescere troppo , per le gemelle ,le troppo storte , ecc .. perché non vengono vendute ad un prezzo più basso? Perche le grosse compagnie vendono a grandi distanze; costi di trasporto ,distributori ,marketing ..devono ottenere un elevato profitto da quello che vendono per pagarsi tutto questo e una banana di seconda scelta o meglio una banana vera non si paga neanche la benzina del camion .E se il prezzo di mercato si abbassa troppo anche la banana prima scelta non si pagherà i costi  così per la legge capitalistica di domanda offerta farà le compagnie offriranno meno, come? Le banane non smettono di crescere .. quindi per due settimane si tagliano e si lasciano marcire a terra tonnellate di frutta
Almeno il 25 % delle banane non passerà la selezione e verranno buttate ,le altre diventeranno gialle nella scatola a bordo di un aereo e arriveranno davanti a voi all’ Esselunga .
Pensateci alla prossima banana , pensate a quelli che hanno spruzzato pesticidi a quelli che hanno lavorato sotto l`acqua,  alla spalla su cui è stata portata alla persona  che tiene le mani 8 ore al giorno nel acqua chimica da cui è stata selezionata , all’impacchettatrice pagata a scatole , all ` aereo e  manager della compagnia che si compra la barca .
Pensate alla truffa del mercato , alla truffa delle multinazionali e pensate alla frutta che vi cresce dietro casa .
Io penserò a chi rimane qua a spaccarsi il culo  , al mio lago ,ai pappagalli al           profumo di curry quando si tornava a casa la sera a e tutta questa natura che questo sfruttamento farà morire . Se tra 50 anni  si piangera` e si pagheranno cifre da capogiro per vedere whiteheaven beach che scompare nessuno farà lo stesso per Lakeland , nessuno ci farà troppo caso se non ci saranno più mantidi religiose , gamberi d` acqua dolce.
Domani me ne vado ,Esperanto riparte questa volta da solo , con Tim e Bastien abbiamo deciso che il nostro modo di viaggiare era troppo diverso. Se un anno fa andavo in vacanza e potevo permettermi di spendere in ristoranti e altri lussi  era perché a fine mese mi arrivava lo stipendio ora non posso farlo e non intendo farlo perché le ferie non durano due settimane ma durano fino a quando ci sono soldi! Se per me togliere vizi e sfizi non è stato difficile per gli altri due non è stato lo stesso .Il van ora è solo mio e incrociando le dita sarà la mia casa per ancora qualche mese.
Oggi gran party di Natale alla roadhouse, tra tutti i più dispiaciuti e le persone che mi dispiace lasciare sono gli zii .. unkle Easy , 57anni  ex coltivatore di Ganja ed ex pugile che rimarrà nella memoria dal giorno in cui si è venuto a presentare “ i`m Easy from Fiji“e unkle Tuji 48 anni di cui molti passati in galera come testimoniano vari tatuaggi ,coltivatore di Ganja pure lui e streetfighter  decisamente un tipo che è meglio avere amico ma  che a dispetto di questo propio come un amorevole mammina si alzava alle 3.30 ogni venerdì per fare i pancake per tutti.

Un abbraccio e buone banane per tutti

c.1… affondato…

http://www.confuzine.com/2014/01/29/c-1-sunk-thoughts-from-italy-about-pigs-democracy-and-concrete/

Portland, Basilea, Giugno 2013

«Perché noi non possiamo avere un posto così?»

Carrozzeria Novellino, Milano, Agosto 2013

«Pensa a cosa possiamo fare qua dentro…»

Da nessuna parte, Gennaio 2014

«Non esistono parole adatte a descrivere il sapore di merda, putrefazione e sangue che ti lascia in bocca il collutorio della legge: nonostante abbiano spesso cambiato l’etichetta, gli unici gusti disponibili in quest’epoca di crisi permanente sono ancora “olio di ricino” e “repressione”»

  foto 1

Il cemento è il materiale sul quale chi tenta di governarci ha fondato il suo impero di flussi, di idoli passeggeri, di profeti bidimensionali, di eroi senza spada. Noialtri siamo cresciuti giocandoci. Disegnando curve e spigoli immaginari in tre dimensioni, abbiamo manifestato la nostra indipendenza dall’idea “legale” di “spazio” (“andatevene a fare sketvorld da nantra parte!”), la nostra autonomia rispetto al “professionismo” dei “tecnici”. DIY vuol dire: “Io (individuo), insieme ad altri come me, sogno, immagino, progetto, provo, imparo e realizzo”. DIY significa che se ti scappa la voglia di un quarter con due metri di vert, trovi il modo di costruirlo: la merda non la puoi tenere per troppo tempo; il quarter hai voglia di cagarlo fuori nel preciso istante in cui lo stai immaginando.

 Il cemento che hai pazientemente lisciato con le tue mani (sempre più capaci, sempre più esperte) fa un rumore incredibilmente diverso da qualsiasi cosa mai udita: è il suono che può sperimentare solamente chi ha mescolato il proprio sudore alla materia plasmata, la vibrazione potenziale dell’essere umano libero. «Fosse anche solo per questa session, ne è valsa la pena»… l’incomprensibile perfezione dei rapporti tra raggio, flat e altezza ci ha lasciati lì per terra, tra macerie e risate, con il ritratto della soddisfazione stampato in faccia. «Fammi droppare che la do (la coppa) subito!». Nulla di strano: la cognizione del dolore fisico, il sapore del sangue, il rifiuto testardo dei limiti imposti dal corpo, sono parte integrante della storia di ogni skateboarder. Indescrivibile la gioia di carvare sempre più in alto su quei muri inaccessibili alla “maggioranza”: solo alcuni di noi ce l’hanno fatta a sperimentare queste sensazioni entro quelle quattro mura. Solo per una notte abbiamo assaporato la potenza delle Nostre transizioni, il valore dei Nostri sforzi, la libertà enunciata da quel suono che solo la plastica delle ruote a contatto col Nostro cemento poteva produrre. Solo per una notte gli amici del Circolino hanno potuto osservare, con occhi illuminati dallo stupore, un milionesimo delle manovre possibili su quei due quarter. Nottate su nottate trascorse a perfezionare il progetto, ricerche estenuanti per recuperare i materiali necessari, Tempo pieno zeppo di significato trascorso costruendo un gruppo di lavoro solido, complice e organizzato. Alcuni di noi non potranno far altro che ammettere a se stessi: “Non ho mai provato niente del genere”. Autonomia totale. Skateboarding puro.

Il cemento armato.. pensavamo fosse “antisgombero”. Non è affatto così: ora lo sappiamo.

foto 2

L’altro ieri un gruppo di infami in borghese, seguito a ruota da una folta schiera di playmobil blu (tutti bardati, si intende), si è recato presso il Circolo del Fusaro per rendere operativo il sacrosanto diritto della “democrazia” a distruggere quanto alcuni esseri umani liberi provano a costruire. Ieri, così come è avvenuto poche settimane fa sotto il ponte di Rubattino (come è successo milioni di altre volte, in altri contesti, in altri luoghi), i signori dell’Ordine hanno stabilito che un “non luogo” vuoto, appositamente devastato (da operai specializzati pagati centoventi euro al giorno per macchiarsi di un crimine contro l’intelligenza) e blindato da muraglie di lamiera, è da preferirsi ad un qualsiasi spazio dove cimentarsi in pratiche legittime e creative, che per pura coincidenza risultano incompatibili con la legalità istituzionale presente (così c’è scritto sui libri di chi spedisce in giro gli sbirri). Insomma la nostra legittima fotta di costruire col cemento dei frammenti della nostra stessa “follia”, si scontra con la “sana” nonché legalissima normativa vigente. «Avete voglia di spendere gratuitamente il vostro tempo per costruire con i vostri amici uno skatepark aperto e gratuito? Non potete, punto. Così dice la legge».

La domanda è: “Siamo davvero capaci di smettere? I nostri corpi accetteranno la violenza del metadone che ci hanno spruzzato in vena?”… ogni Homo Sapiens che scelga di spingersi in avanti su di una tavoletta con quattro rotelle sotto, tiene lo spazio per le palle: doma superfici sconosciute alla “maggioranza ignara”, varca le soglie più imprevedibili, sperimenta il “volo”.

Questa barca ce l’hanno affondata: ma nell’oceano artificiale di cemento che ci circonda non ci servono nemmeno le scialuppe di salvataggio… perché in questo cazzo di oceano i pesci siamo noi e, comunque vada, non affogheremo. Perché la metropoli (il nostro elemento) è l’aria che respiriamo. Sopravviveremo per molto tempo, tra le metafore e i sillogismi di questo “discorso infame” che cercano di farci inghiottire giorno dopo giorno. Finché esisterà la città, noi sopravviveremo: comunque, dovunque. E con noi sopravviverà lo stimolo a cagare altro cemento in ogni spazio che saremo capaci di occupare con la nostra voglia di collaborare, per spingere oltre il limite questa roba che nessun altro può comprendere al di fuori di noi. Mai come oggi questo mantra di tre parole e dieci lettere assume un valore così incredibilmente commovente:

 

Skate or Die!

foto-3

Gli skateboarder della Carrozzeria Novellino

Cieca

Cieco è il racconto che vorrei condividere con quanti si sono cullati tra le curve di Whidaw in un pomeriggio di questo agosto ricco di storie e povero di “parole al vento”.

Cieco è il racconto di questa session, perché non ci sono fotografie, nè video, ma solo robe scritte.. e se è vero che, nell’epoca dello smartphone, raccontare “a parole” lo skateboarding è come usare il latino cantato delle messe nere, è altrettanto vero che non bisogna smettere di scrivere. La trasmissione di qualunque Pensiero passa attraverso combinazioni infinite di lettere, punti e parole. E vista la complessità della materia che plasmiamo quotidianamente skateando, vale sempre la pena di perdere qualche ora per descrivere e comunicare… per elaborare e riordinare la serie caotica di sensazioni emergenti dal setaccio di un lungo pomeriggio come quello di oggi, fatto di transizioni, trucchi, materiale fetish, divani, birrette e friskies.

Recuperare ad esempio uno Skateboarder come Simone Verona alla stazione e trovarne altri due, Rino e il Vaga, che aspettano sulla soglia di Whidaw alle due del pomeriggio, è emozionante. Viene da pensare a qualcosa del tipo: “Apperò! Ci deve essere del buono a bordo di sta barca qua!”. E la session inizia subito eh! Mica si fa attendere. C’è giusto il tempo di aprire le saracinesche e di godersi lo sguardo meravigliato di un Simone che osserva e studia lo spazio intorno lui, con occhi parlanti che dicono “ma in quale tana di bianconiglio sono cascato?”. Poi se il primo trick di Rino è un “flip to piede plant to fackie” che non vedi, significa che le cose si stanno mettendo bene. Entri nel vortice con gli altri e ti godi il panorama di tre Skateboarder che, come forestieri in una terra sconosciuta, iniziano ad esplorare le traiettorie, a masticare i coping, a scovare linee nascoste. Whidaw è una bestia strana: bisogna fare come coi cani… avvicini con cautela la mano al muso dell’animale, ti lasci annusare e poi gli fai due carezzine. Certo la possibilità che le “carezzine” te le faccia lei non va sottovalutata… Ma lo spazio-tempo di una skateata gagliarda è come quello dei sogni: in un attimo sei già pezzato e incollato al divano con una birra in mano. E te ne stai lì a discorrere e pensi, forse tra poco ci saluteremo. Eppure no: squilla il telefono e apri le porte al Pierinone più amato dagli italiani (nonché, Robi compresa, dagli Oregonesi), il quale, per non saper né leggere né scrivere, ti chiede una cartina lunga per iniziare a costruire il suo castello delle meraviglie, che prima ancora di esaurirsi è già l’introduzione di una nuova session. Bam! Bam! Bam! Bang! Lo Zibevic saluta tutti e Faolino gli dà il cambio. Altro castello delle meraviglie. Altre linee. Altre Legnate. “Faccio altri due trick” le ultime parole famose di un Simone Verona che, per accomiatarsi, fa girare un gran bell’uragano sul pool coping autoprodotto. Quindi saluti e pacche sulle spalle. E la dimostrazione tangibile che gli Skateboarder con la “S” maiuscola (quelli che, oltre a blastare, conoscono a fondo il valore di ciò che i negri chiamano Rispetto) sono in grado di comprendere le realtà che attraversano. “Quello è l’offertodromo?”: sono pochi quelli che non hanno bisogno di essere tirati per la manica quando si tratta “sostenere” (con quello che hanno in tasca o nello zaino) una realtà come quella di Whidaw. E quindi il “Grazie Simo!” e il “Grande Rino!” (presentatosi a rapporto con tre Franziskainer gelide) sono doverose dichiarazioni d’amore dedicate a tutta quella gente seria che non si limita ad esistere, ma che Vive e quindi comprende il valore dello spazio-tempo che attraversa. Pappardella finita? Magari! Perché la decompressione post skateboarding ha bisogno di tempo, specialmente quando seduti gli uni accanto agli altri si inizia a condividere progetti, a raccontare storie e a bere altre birrette. Così viene fuori che gli Oregonesi hanno trovato la California in mezzo alle campagne romagnole, che il Giorgione nazionale li accompagnava a Camarano come fanno i padri coi figli (nel senso dello scarto di livello tra un mostro sacro e dei bravissimi pischelli), che il buon Crestani ha trattenuto a fatica l’emozione dovuta ai complimentoni sinceri che i ragazzi dell’Oregon gli hanno fatto prima di partire. Altre storie di uno skateboarding italiano che, nonostante tutto, può offrire brani di una Cultura personalissima, anche a gente che oggi viaggia sui binari di un’altra dimensione. E va a finire che alle otto di sera saluti i più irriducibili compagni di questa memorabile skateta con la testa gonfia e le movenze barcollanti, pronto ad affrontare una cena a base di fagioli, cicoria e vino rosso… pronto per collassare davanti al video del tour Dumb a Sarajevo… pronto e motivato a trascorrere un po’ di tempo davanti al computer per immortalare e condividere l’esperienza di un pomeriggio tra Skateboarder.

Blatta

Cacca Skates

screenshot_137

“Oh! Allora!? Partiamo o non partiamo?”

“Sì! L’ho passato porco D*o”

“E andiamo Sgrullovich!”

 Il buon Dudevich può permettersi di muovere il culo solo quando passa gli esami… è dunque rarissimo farsi un giretto col miglior skater balcanico del quartiere di Rho più vicino alla stazione ferroviaria. Emoziona il solo pensiero di andarlo a recuperare per portalo in giro, fuori da questo bel paese deprimente. Eh già! E’ proprio un’emozione perché, nonostante sia molto più “italiano” di quanto buona parte dei cari concittadini potrà mai essere, Sburrovic, che dall’asilo in poi ha sempre condiviso il suo tempo con bambini, ragazzi, uomini e skateboarder dello stivale, a 23 (?) anni è ancora costretto a richiedere dei “permessi” per starsene tranquillamente a casa sua. Basterebbe questa considerazione per uscire di casa, recarsi nel più vicino ufficio di rappresentanza dello Stato Italiano e sputare in faccia al primo “responsabile” che capita a tiro (ma se siete in tanti potete anche organizzare qualcosa di più divertente). Il Dube è l’esempio vivente e lampante della demenza atavica di questo paese assurdo.

Il resto è tutto molto semplice: riempi la macchina con Fili, Baro, Zibe e Malanna, carichi birrette, vino e scoregge e te ne vai in giro a scorrazzare tra una nazione e l’altra… magari senza documenti… così, tanto per auto-garantirti quel piccolo gratuitissimo tonfo allo stomaco ogniqualvolta attraversi la dogana Svizzera (“speriamo che non ci fermino…”).

Fin qui tutto bene… peti a parte.

 Munchen all’ora di punta (18:30) è uguale a qualunque metropoli europea: code in tangenziale e bestemmie. Ma puoi fare ben poco se, in quest’epoca dove la tecnologia domina le strategie di sopravvivenza più semplici, non dico uno, 1/2 dei quattro viaggiatori ha pensato di dare un’occhiata ad una cartina prima della partenza. “Tu ce l’hai le mappe sul cell?”… “no”… “e allora siamo fottuti”.

Eppure (quali magie il nostro caro giocattolino) anche se sei costretto a piantare il culo sul sedile di un auto per qualche oretta in più, non cambia niente quando nel baule ci sono le tavulette: basta avere il tempo per skateare prima che faccia buio. Di tutto il resto, in fondo, importa poco. Poi se quando raggiungi lo spot ti trovi davanti ad una piscina “dal volto disumano” come il fagiolo mutante di Monaco… beh! (*** bestemmia!)

Della stranissima bowl col proiettilone te ne fotti: ciò che conta è la serietà di quelle straincazzatissime transizioni che ti riportano indietro di vent’anni… là, dentro quelle piscine vuote dove qualche orgoglioso neanderthal dello skateboarding ha avuto l’idea di droppare come se non ci fosse un domani. E dunque pratichi, comprendi, accarezzi, coccoli e, nel limite del possibile, “domini” quelle forme concrete al meglio delle tue possibilità, consapevole che al ritorno non troverai niente di simile vicino a casa tua. E quando sarai ben fiaccato dagli schiaffoni che le rotondità di quella mammona agghindata di pool coping ti avrà rifilato, progetterai il “dopo”, valutando il vuoto profondo del tuo portafogli, e tra birrette e bottiglie di vin rosso ti stai già accasciando nel sacco a pelo, avvolto da una nube maleodorante, nelle cavità del proiettilone cementone.

970446_361783453948234_1967393213_n

Brixlegg è come Bologna: se ti piace skateare le curve ci devi andare. Punto. (dai! è vicinissimo! Non rompere il cazzo e muovi le chiappe! C’è pure lo spazio per campeggiare “aggratis” e il supermercato con ampio parcheggio).

 A Bolzano c’è una novità interessante (checchenedicano). Purtroppo il tempo è davvero poco e si fa giusto in tempo a gustare l’estrema perfezione di un cemento “che più liscio non si può” (lode agli artigiani tirolesi) e la sobria modestia di un progetto creativo che, a nostro avviso, ha molte cose da dire in un territorio come il nostr… no vabbè! Il Sud Tirolo non è proprio Italia e si vede… alle nove in punto un’auto, di quelle con gli sbirri finti dentro, scarica un uomo triste che varca il cancelletto d’ingresso gridando in malo modo “ve ne dovete andare che devo chiudere!!”. La tentazione di mandarlo là dove non batte il sole è grande, ma siamo esausti e Hanz (il nostro caro pensionato nazista) si è ripromesso di offrirci una cenetta a lume di candela nella migliore pizzeria di Bolzano. Così ci ributtiamo per strada accompagnati da una cruciale informazione: “No… sapete… in questi ultimi tempi, quando lo sbirro finto si levava dal cazzo, scavalcavamo e rientravamo a skateare a sgamo… finché c’era luce… ora ci hanno promesso che alzeranno di due metri la recinzione…” onde evitare che della brava gente si diverta oltre l’orario stabilito dalla legge. E vabbè! Torniamocene a casa stronzi.

 Molti Danke Hanz!

 Blatta

Vivi libero o muori!

screenshot_134

L’associazione di idee è immediata: quei tubi tagliati a metà (halfpipes e minirampe) assomigliano a delle imbarcazioni in negativo. La differenza è solo nel dove va posizionata la pannellatura… nelle barche verso l’esterno della centina, nelle rampe verso l’interno. Ci si sente un po’ maestri d’ascia quando si lavora per costruire una rampa come Whidaw. Per questo l’abbiamo chiamata come la galea di Samuel “Black” Bellamy. Perché se è vero che Whidaw somiglia ad una barca, essa non può assomigliare ad una barca qualsiasi: ogni manufatto immaginato e costruito per lo skateboarding è un’opera d’arte realizzata da gente creativa (i “maestri d’ascia”) per gente creativa (gli skateboarder). Ci vuole un nome in grado di esprimere il “perché e il per come” di cinque amici che spendono la quasi totalità del loro tempo libero per costruire quella barca. Per questo abbiamo scelto di chiamarla Whidaw “la nave che, costruita per il commercio degli schiavi, riconquista la dignità nella rivolta: Black Sam la toglie ai negrieri che la conducevano, trasformandola nella “galea degli schiavi liberati”. Un utopia di libertà. Costruire Whidah per noi significava sottrarre il tempo alle nostre forzate routines quotidiane per lavorare insieme ad un progetto collettivo, ad un sogno, ad un’utopia… a un’idea in grado di liberarci, anche solo parzialmente, dal vuoto abisso che ci circonda (…) “Whidah” per noi è l’utopia di quegli scalmanati che credono di poter essere liberi solamente vivendo in pieno la cultura generata da quel giocattolo lì… quella tavoletta di legno con quattro rotelle sotto”.

se siete maggiorenni e volete skateare a vostro rischio e pericolo, whidaw@canaglie.org

Whidaw in copertina!!

giffa-2 (trascinato) giffa-17 (trascinato) giffa-16 (trascinato) giffa-15 (trascinato) giffa-14 (trascinato) giffa-13 (trascinato) giffa-12 (trascinato) giffa-11 (trascinato) giffa-9 (trascinato) giffa-8 (trascinato) giffa-7 (trascinato) giffa-6 (trascinato) giffa-5 (trascinato) giffa-4 (trascinato) giffa-3 (trascinato)giffa   1044841_10151708345445973_250434212_n 1044328_551329484908915_1492517372_n 1016173_10151622422122933_192557292_n 1010820_668610053169105_1079354471_n 1005151_405388132910719_775336834_n 1001763_667818969914880_20303743_n 1000709_668116229885154_1329696021_n 999362_10200228521302707_1817100861_n 994513_668288336534610_2020374833_n 970255_10200755168655929_1839483390_n 969691_668225749874202_1470700781_n 968830_667256436637800_1834377562_n 942383_668127213217389_1656222795_n 47409_668820959814681_992467213_n 7988_10151722327052744_1587212620_n

Lieti di esservi piaciuti cari amici di Share skateboarding… felici che la vostra “porta aperta” sul vero skateboarding italiano sia quella di Whidaw… oltremodo gaii di essere, insieme a Papozzi, sulla copertina di questo nuovo progettone… e soprattutto entusiati di essere finiti tra le mani di così tanti skateboarders!! Quando vorrete venirci a trovare, saremo lieti di ospitarvi a bordo della nostra nave!!

 

copertina edito-620x419

(tra parentesi: se volete skateare Whidaw contattateci! whidaw@canaglie.org , whidaw FB)

(II e I) orezzivS ammeliD_”spaghetti translation”

screenshot_133

Swiss Dilemma I

Francs are the real problem: cows are not a problem at all.

At eleven am we were still there, in the hinterland, scratching our heads while thinking about where to withdrawal some cash and what kind of food we should buy… when you leave for Basel you must steel (reflex to get ready for an unpleasant event). “One coffee please” oh… “Yessir! Cheque or Credit card?” eh!? Good thing that the blue “Foggian” blood mother it’s a priceless jewel: two “one kg” homemade bread loaf, parmesan and salami already in bag and one baking tray of a “pasta al forno” with a specific weight based on cheese and ham… carbohydrates have a secondary role in mama’s “pasta al forno”. And if it’s really true that (as Hunter S. Thompson says about the quatity of drugs to bring on a trip to Las Vegas) «If a thing’s worth doing, it’s worth doing right», then for a trip to Swiss, more than drugs, you should care about everything else… about what you need to survive.

And without even realizing it, after two weeks of “go?” “don’t go?” “you come?” “I can’t..”, Feninhu, Melkior, the “alfa” Male (aka Paulista) and Malanna woke up in the middle of one of the biggest traffic jam in the history of Switzerland: Rho→ Basel about seven hours. Between thousands of blasphemy and rude words sent to the sky, the crew is risking the mutiny after the first hour and a half (especially when they met a fake queue in the beginning of San Gotterdo). “We are chevalier laying up for our super-personal mission, we carefree gispies of the 2013”…so much so that we reach the goal… the dreamlike taste of a spacetime like Port Land attracts everyone, even the most exhausted. No way… that illness we commonly called “skateboard” bring us to cross the limits of what the most called “horse sense”, projecting our being toward something bigger and incomprehensible… something really “free”.

YOU… WHAT are… Youuu?”: it is the voice of the “Alice in wonderland” ‘s caterpillar that you should immagine when somebody tell you about Port Land… an asphalt esplanade placed near the Basel’s port-zone that has become, with the collective work and with the participation of “Beautiful people”, a space where the free expression (singular and collective) shows itself in one of the most beautiful spacetime forms in Europe. A city area close to the boarder between Switzerland, France and Germany (?), has been occupied by circus bandwagons in which are hidden music rooms, designed shacks for mojitos and beers, photographic exhibition inserted in other wagon and open air art laboratories. A place dense of different stories that, for several years will have the possibility to exist and generate ideas, innovation, creation and so much “be OK”. And there were no malice in the soul of our “board tamers” when they said: “Why we don’t have a place like this..”. Unfortunately for everybody the answer to this thought will not be solved in a mere comparison between the economic disparity between “us” and “them”: it’s not enough to liquidate the problem with a whichever reference to the swiss economy, founded on cow’s milk, chocolate and global recycling of dirty money. This explanation doesn’t stand… it doesn’t stand if you compare it with the strength of the “culture cultivation” of which Port Land is a great expression… “minchia raga!” (“oh guys! Shit!”)… we slept inside a photographic exhibition not in a garbage can! This is Port Land: a place that sweat and imbue reverential respect form each and every pore… And so it happened that while you are writing you feel the urge to add something to your personal knowledge and while researching you find that one of the most denigrated european countries, the rich “neutral” (nobody knows exactly why this term have been negatively connoted) State par excellence that flourish over the other countries’ shoulders… that green Nation is the mother of one of the first constitution in Europe (1848) and maybe is the only one in the world to be founded on “direct democracy”. As if that were not enough Switzerland has been the refugee nation for thousand of the revolutionary people that helped to change the world during the 19th century. It’s difficult to exclude that there is a cause-and-effect ratio between this discover of 1am and the reality of Port Land. Is in here that the “swiss dilemma” is founded: francs or cows? But we shouldn’t roam so much…

It is not to comprehend the swiss sociopolitical frame that we left in direction of this “realized utopia”…we left to go skate and to make “bordello” (noise and mess) with people that “spacca il culo ai livelli” (gnarly people). And that’s what we’ve done. After two bottle of red italian wine, so many beers and some “pines”, we found ourselves in a meanwhile of hits, punch and slaps between the transitions of the park. It appeared like we fell down in a giant humid vagina in which we found a crazy dream… an ecstasy so violent that “you should add about the rain… and that when it stopped there was a party inside the bowl, with eccentric dressed people going wild and dance with the sound of the miserable speaker they carried with them… and it is at that point that the real spirit of DIY gained the upper hand over any prejudice that could ever bear… but Port Land isn’t for sure the place of prejudice: we are in a free neutral ground”… And so between a chorus of feminine voices and a casual toast, between loud chatters and so many sincere laughter, we lived an experience that for sure express what “skateboarding” is… beyond extreme gnarly tricks, beyond videos and pictures, beyond brands and contests and official federations. Sometimes it is good to reiterate that this “piece of wood whit four wheels under” (at least for some of us) it’s not just an empty toy, an hobby, a discipline or something useful to make money: it’s a medium of cultural production, of radical sharing, of ourselves evolution and, sometimes, it is a lifeline that fill your life with greatness.

Port Land transitions say all this… each and every time you ride themo. Port Land is the concrete expression of skateboarder’s creativity and in the same time is the display of the bigness that the meaning of “skatepark” could be. Against the boredom of the “all the same” structure built “in series” buy the skatepark’s companies of a large part of the world (Italy is no exception), Oli Buergin, Rohan Anderson and the whole Port Land’s crew oppose new ideas, transitions “cazzutissime” (strong, gnarly, crazy, ecc), improbable spines and trap humps used to select the park’s “newcomers”. For less than skate there each and every day you can’t ride loosely, not even one second. When you enter the vortex you can’t choose: or you tame your board and the transitions or you crash down. Nevertheless when you are inside… concentrated and with your own brain inside your feet, everything goes fluidly and those hostile concrete wrinkles produced a “flow”.. a “mantra”.. one of the best, fascinating and elaborate Miles Davis’ improvisation. So we gained the sacrosanct “bread” of the skateboarder: animalistic screams of each and every heehaw of Melkior wheels, reverential respectful slaps for the “alpha” Male, boards ground-hitting for Feninhu’s tricks and… people that rush thoughtful when the Malanna bash himself completely drunk into the concrete ground of Port Land. Our valiant gipsy-chevalier have obtained, with the voluntary slaughter of themselves, the respect (we hope) of those mad-good people of over there. If we consider the wonderful night we spent, it was for sure worth.

Swiss dilemma II

(Blatta will translate the second part “on demand”, because he’s lazy and tired)

(II e I) orezzivS ammeliD

screenshot_133

Dilemma Svizzero I

Il vero problema sono i franchi: le vacche non c’entrano.

Alle undici eravamo ancora là, in periferia, a grattarci la testa pensando a dove prelevare e cosa comprare da mangiare… quando parti per Basella (Basel, Swiss) devi prepararti al peggio. “Un caffè per favore” oh… “Certo signore! Paga con assegno o carta di credito?” eh!? Meno male che la mamma dalle “nobili” origini foggiane è un gioiello inestimabile: due pagnotte da chilo fatte in casa, grana e salame già imbustati e una teglia di pasta al forno il cui peso specifico è dato fondamentalmente da formaggio e prosciutto… i carboidrati hanno un ruolo quasi marginale nella pasta al forno della mamma. E se è vero che (come disse Hunter S. Thompson riferendosi alla quantità di droga da portare in viaggio per Las Vegas) “Se una cosa vale farla, vale farla bene”, allora per un viaggio diretto in Svizzera, più che della droga, bisogna occuparsi di tutto il resto… di ciò che occorre per sopravvivere.

Ed ecco che, senza nemmeno rendersene conto, dopo due settimane di “si va?” “non si va?” “tu vieni?” “Io non ce la faccio”, “o Feninhu” (ribattezzato per l’occasione, per il blastaggio generale e per le coppe del “nanni” da top 10, “Faolo Penino”), Melkior, il Maschio Dominante (aka Paulista) e il buon Malanna, si ritrovano nel bel mezzo del più caotico sconvolgimento automobilistico della storia svizzera: Rho → Basella 7 ore circa. Tra un “Cristone Bello”, un “Anubi mio signore!” (per chi non lo sapesse Anubi è quella divinità egizia dalla faccia di cane) e qualche sparuto “Cazzo!”, la ciurma rischia l’ammutinamento dopo la prima ora e mezza di viaggio (specie quando all’imbocco del San Gottardo rimane invischiata in una coda farlocca). “Cavalieri in rotta verso la nostra personalissima missione siamo, noialtri spensierati zingari del 2013”…tant’è che la meta, ovviamente, la raggiungiamo… il gusto onirico di un uno spazio-tempo come quello di Port Land ingolosisce e dunque motiva anche gli animi più abbattuti. Non ce n’è… quella malattia chiamata volgarmente “skateboard” ci porta ad oltrepassare i limiti di ciò che i più chiamano “buon senso”, proiettando il nostro essere verso qualcosa di più grande e incomprensibile… qualcosa di veramente “libero”.

TU… CHI esser… Tuuuu?”: è la voce del Brucaliffo di “Alice nel paese delle meraviglie” che dovete immaginare quando qualcuno vi racconta di Port Land… una spianata di asfalto situata presso la zona portuale di Basilea divenuta, con il lavoro collettivo e con la partecipazione di persone “Belle ma belle davvero”, uno spazio dove la libera espressione (singolare e collettiva) si manifesta in una delle più accattivanti forme spazio-temporali d’Europa. Un’area della città situata al confine tra Svizzera, Francia e Germania (e destinata alla realizzazione di future opere portuali), è stata occupata con carrozzoni da circo che nascondono sale prova, baracche (di design) per il mojito e le birrette, mostre fotografiche infilate in vecchi vagoni del treno e laboratori artistici a cielo aperto. Uno luogo denso di storie diverse che per qualche anno avrà la possibilità di esistere e di generare idee, innovazione, creazione e tanto tanto “star bene”. Ed è senza malizia che molti dei nostri “domatori di tavuletta” hanno pensato: “Ma perché noi non abbiamo un posto così…”. Sfortunatamente per tutti quanti la risposta a questo pensiero non potrà risolversi in un mera comparazione delle disparità economiche tra “noi” e “loro”: non basta liquidare la questione con un qualsiasi riferimento (assolutamente giustificato in altri contesti) all’economia svizzera, fondata sul latte di mucca, sul cioccolato e sul riciclaggio finanziario del denaro sporco globale. Questa spiegazione non regge… non regge al confronto con la forza della “coltivazione di cultura” di cui Port Land è espressione… “minchia raga!”… Abbiamo dormito dentro una mostra fotografica d’eccezione, mica in un cassonetto della spazzatura! Questa è Port Land: un luogo che trasuda cultura da tutti i pori e incute un reverenziale rispetto… E quindi, capita che mentre stai scrivendo ti viene voglia di aggiungere qualche riga al tuo sapere e ricercando scopri che la più denigrata tra le democrazie occidentali, lo Stato “neutrale” (termine che, non si capisce bene per quale motivo, viene connotato in termini negativi) pieno di soldi che fiorisce sulle spalle degli altri, quella Nazione verde è madre di una delle prime costituzioni d’Europa (1848) e forse l’unica al mondo a fondarsi sulla “democrazia diretta” (ovvero sulle scelte “dirette” della gente [link]). Difficile escludere che vi siano dei rapporti di causa-effetto tra questa scoperta dell’una di notte e la realtà di Port Land. E’ qui che si fonda il “Dilemma svizzero”: franchi o vacche? Ma non divaghiamo…

Non è per comprendere il quadro sociopolitico svizzero che siamo partiti alla volta di questa “utopia realizzata”… siamo partiti per skate-are e per fare del bordello con gente che spacca il culo ai livelli. Ed è quello che abbiamo fatto. Dopo aver scassato due bottiglie di Barbera (non siamo riusciti a tenerne da parte nemmeno una per i nostri ospiti… siamo stati ingordi), parecchie birre e qualche pino, ci siamo ritrovati a prendere delle coppe stagionate tra le nervosissime transizioni del park. Sembrava d’esser caduti giù in un’enorme vagina umida con dentro un sogno matto… un’estasi tanto forte che “potresti aggiungere della pioggia.. e che allo smettere ci ritroviamo un party nella bowl, con gente vestita di dubbio gusto che balla e si scatena al suono della misera cassa che si son portati dietro… ed è a quel punto che il vero spirito del DIY ha la meglio su ogni pregiudizio che possa mai nascere… ma sicuro Port Land non è il posto dei pregiuzi, siamo in zona neutra”… E così tra un coro di voci femminili, un brindisi casuale, tra chiacchiere ad alto volume e tantissime risate sincere, abbiamo vissuto un’esperienza che senza dubbio descrive ciò che lo skateboarding é… al di là dei trikkoni, dei video, dei brand, dei contest, delle federazioni e delle squole “Full Time”. Ogni tanto vale la pena di ribadire che quella “tavuletta con quattro rotelle sotto” (almeno per alcuni) non è soltanto un giocattolo vuoto, un passatempo, una disciplina o una roba da cui trarre profitto: è un mezzo di produzione culturale, di condivisione radicale, di evoluzione dell’io e, in certi casi, un ancora di salvezza che ti riempie la vita. Le transizioni di Port Land raccontano tutto questo… ad ogni carvata. Port Land è la manifestazione concreta della creatività degli skateboarder e allo stesso tempo della vastità di ciò che “skatepark” può significare. Contro la noia delle strutture tutte uguali di aziende che realizzano skatepark “in serie” in buona parte del mondo conosciuto (l’Italia non fa eccezione), Oli Buergin, Rohan Anderson e tutti i ragazzi della vasta crew di Port Land contrappongono idee nuove, transizioni cazzutissime, spine improbabili e gobbette “trabocchetto” (le “tourist traps”) che servono a selezionare i “nuovi del park”. A meno di non skateare lì tutti i giorni non puoi stare rilassato nemmeno una frazione di secondo. Quando entri nel vortice, o domi tavola e curve o pigli le cartelle: non c’è via d’uscita. Eppure quando sei dentro… concentrato e col cervello nei piedi, tutto scorre fluido e quelle pieghe di cemento ostili producono un “flow”… un mantra.. un’improvvisazione di Miles Davis delle più complesse, elaborate ed affascinanti. E’ così che ci siamo guadagnati la sacrosanta “pagnotta” dello skateboarder: urla animalesche, ma affettuose per ogni ragliata di ruote della tavola di Melkior, manate di rispetto reverenziale per il Maschio Dominante, tavole sbattute a terra per le pesate di Paolino e… gente che accorre premurosa quando il buon Malanna si sfracella al suolo in un profondo stato di ubriachezza. I nostri valorosi cavalieri-zingari hanno ottenuto, con la macellazione volontaria del proprio corpo, il rispetto di quella gente pazzerella di lassù. Considerando la nottata stupenda che abbiamo passato, ne è valsa senza alcun dubbio la pena.

 

Dilemma Svizzero II

 Il vero problema sono i franchi: le vacche non c’entrano.

Svegliarsi tumefatti e dilaniati e riposanti sul pavimento di un “vagone mostra” dopo una serata a dir poco etilica, non è impresa facile… piano piano, come un guerriero che si risveglia tramortito, verificando una ad una le ferite lasciate come tatuaggi sul corpo dalla battaglia, giri sul lato buono (attento a non premere al suolo quell’angolo che pulsa come le tempie del dopo-sbronza) e provi a tendere i muscoli del collo per trascinare la schiena in posizione eretta… a quel punto, consapevole della fitta all’osso sacro, tastando cosce e polpacci, appoggi a terra le mani e ti tiri in piedi, mettendo a nudo tutte le difficoltà di una vera e propria “eroica impresa mattutina”. Il caldo ha fatto del suo meglio per appiccicare alle vesti tutto il sudore e gli umori della nottata precedente e, tra dolore diffuso, mal di testa, nausea e difficoltà di deambulazione, esci da quella stanza provvidenziale ritrovandoti di nuovo a contemplare, sotto un sole cocente, Port Land!

Qualche foto, 5 tibetani, grandi sorsate d’acqua, saluti (a gente che esce stiracchiandosi da una macchina parcheggiata poco più in là). Lasciando il Porto di Basilea viene da chiedersi se laggiù da qualche parte ci sia il Mare… ma non puoi scoprirlo perché il ritorno ti sta già trascinando verso Zurigo… verso un’area di sosta dove lavare le ferite e i denti e cacare e mangiare qualcosa… qualcosa… eccerto! Qualcosa, Ma se un caffè costa 4,40 franchi risulta complicato gestire le proprie voglie! Eppure qualcuno cede. “Un caffè per favore” uh.. “Certo signore! Paga con assegno o carta di credito?” ehm… davvero… non si può dare la colpa a quelle vacche, che brucano tranquillamente lungo i pascoli della strada verso uno degli skatepark più grandi d’Europa. E intanto si ricalcolano le ferite, si fa un brainstorming sugli opposti: Skateiamo/non Skateiamo, Dormiamo/non Dormiamo, Torniamo/non Torniamo, Tonniamo/Delfiniamo…

Quando poi Tom dice che siete arrivati state attraversando una strada compressa tra un vasto parco, e un turbocentrocommerciale. Al di là dei campi da calcio, da rugby, oltre i viottoli e le passeggiate campestri si stendono colline boscose. Tutto è pulito e disciplinato. All’ombra delle conifere si nasconde una costruzione oscura… si chiama Credit Suisse e domina la “valle incantata” dell’ordine. In questo amplesso di regolarità si estende una grande spianata di cemento curvato e spiegazzato… tutto molto bellino e ben fatto… le transizioni sono giuste, i muretti funzionano… tutto molto bello. Attraverso le reti (che segmentano con precisione gli spazi dedicati a ciascuno “sport”) si può anche fare il tifo per una qualche squadretta di calcio locale. Eppure qualcosa di amarognolo, (che sia rigurgito del delfino in scatola consumato poco prima?) salendo dallo stomaco attraverso la gola, ottura la gioia di stare in quel luna park pulito e gratuito. “Cosa c’è che non va? Non stai bene? Sei Ferito?”… “no… niente mamma… è solo che ieri sera… ma no! Lascia perdere!”. Droppi nonostante il delfino e ti godi quell’angolo di mondo progettato, realizzato e solidamente pianificato per la tua tavuletta… e ridi di tutti i cazzoni censurati che colano in bianco e nero dai coping (chissà perché gli skateboarder hanno sta fissa dei cazzi…)… e in fondo te ne fotti se la gente che ti circonda non è proprio quella di ieri, te ne fotti se (anche sotto il sole cocente) i rapporti con chi ti circonda sono freddi e distaccati. Te ne fotti e skatei: come sempre… che il paradiso non esiste, sebbene da qualche parte gli uomini abbiano realizzato qualcosa che a quell’idea di pace sulla terra si avvicina molto.

Blatta

 

!yllaG w@dhiW

“Maledizione, disse, mi dispiace che non vogliano restituire la vostra corvetta, perché non mi degno di far torto a qualcuno, se non è per trarne vantaggio; al diavolo la corvetta, dobbiamo affondarla e poteva servire a voi. Ma, che siate dannato, non siete altro che un damerino vigliacco, e così pure tutti quelli che si sottomettono alle leggi fatte dai ricchi per la propria sicurezza, perchè questi codardi non hanno il coraggio di difendere altrimenti ciò che hanno ottenuto in modo disonesto. Ma andate al diavolo tutti quanti: loro, che sono un branco di mascalzoni astuti, e voi che li servite, che siete una manica di imbecilli senza fegato. Ci diffamano, i farabutti, quando l’unica differenza è che loro derubano i poveri con la protezione della legge, onestamente per così dire, mentre noi rapiniamo i ricchi con l’unica protezione del nostro coraggio; non sarebbe meglio se diventaste uno dei nostri, piuttosto che strisciare dietro il culo di quei furfanti per avere un impiego?”.

Sam Bellamy

-1