L’associazione di idee è immediata: quei tubi tagliati a metà (halfpipes e minirampe) assomigliano a delle imbarcazioni in negativo. La differenza è solo nel dove va posizionata la pannellatura… nelle barche verso l’esterno della centina, nelle rampe verso l’interno. Ci si sente un po’ maestri d’ascia quando si lavora per costruire una rampa come Whidaw. Per questo l’abbiamo chiamata come la galea di Samuel “Black” Bellamy. Perché se è vero che Whidaw somiglia ad una barca, essa non può assomigliare ad una barca qualsiasi: ogni manufatto immaginato e costruito per lo skateboarding è un’opera d’arte realizzata da gente creativa (i “maestri d’ascia”) per gente creativa (gli skateboarder). Ci vuole un nome in grado di esprimere il “perché e il per come” di cinque amici che spendono la quasi totalità del loro tempo libero per costruire quella barca. Per questo abbiamo scelto di chiamarla Whidaw “la nave che, costruita per il commercio degli schiavi, riconquista la dignità nella rivolta: Black Sam la toglie ai negrieri che la conducevano, trasformandola nella “galea degli schiavi liberati”. Un utopia di libertà. Costruire Whidah per noi significava sottrarre il tempo alle nostre forzate routines quotidiane per lavorare insieme ad un progetto collettivo, ad un sogno, ad un’utopia… a un’idea in grado di liberarci, anche solo parzialmente, dal vuoto abisso che ci circonda (…) “Whidah” per noi è l’utopia di quegli scalmanati che credono di poter essere liberi solamente vivendo in pieno la cultura generata da quel giocattolo lì… quella tavoletta di legno con quattro rotelle sotto”.
se siete maggiorenni e volete skateare a vostro rischio e pericolo, whidaw@canaglie.org