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Dilemma Svizzero I

Il vero problema sono i franchi: le vacche non c’entrano.

Alle undici eravamo ancora là, in periferia, a grattarci la testa pensando a dove prelevare e cosa comprare da mangiare… quando parti per Basella (Basel, Swiss) devi prepararti al peggio. “Un caffè per favore” oh… “Certo signore! Paga con assegno o carta di credito?” eh!? Meno male che la mamma dalle “nobili” origini foggiane è un gioiello inestimabile: due pagnotte da chilo fatte in casa, grana e salame già imbustati e una teglia di pasta al forno il cui peso specifico è dato fondamentalmente da formaggio e prosciutto… i carboidrati hanno un ruolo quasi marginale nella pasta al forno della mamma. E se è vero che (come disse Hunter S. Thompson riferendosi alla quantità di droga da portare in viaggio per Las Vegas) “Se una cosa vale farla, vale farla bene”, allora per un viaggio diretto in Svizzera, più che della droga, bisogna occuparsi di tutto il resto… di ciò che occorre per sopravvivere.

Ed ecco che, senza nemmeno rendersene conto, dopo due settimane di “si va?” “non si va?” “tu vieni?” “Io non ce la faccio”, “o Feninhu” (ribattezzato per l’occasione, per il blastaggio generale e per le coppe del “nanni” da top 10, “Faolo Penino”), Melkior, il Maschio Dominante (aka Paulista) e il buon Malanna, si ritrovano nel bel mezzo del più caotico sconvolgimento automobilistico della storia svizzera: Rho → Basella 7 ore circa. Tra un “Cristone Bello”, un “Anubi mio signore!” (per chi non lo sapesse Anubi è quella divinità egizia dalla faccia di cane) e qualche sparuto “Cazzo!”, la ciurma rischia l’ammutinamento dopo la prima ora e mezza di viaggio (specie quando all’imbocco del San Gottardo rimane invischiata in una coda farlocca). “Cavalieri in rotta verso la nostra personalissima missione siamo, noialtri spensierati zingari del 2013”…tant’è che la meta, ovviamente, la raggiungiamo… il gusto onirico di un uno spazio-tempo come quello di Port Land ingolosisce e dunque motiva anche gli animi più abbattuti. Non ce n’è… quella malattia chiamata volgarmente “skateboard” ci porta ad oltrepassare i limiti di ciò che i più chiamano “buon senso”, proiettando il nostro essere verso qualcosa di più grande e incomprensibile… qualcosa di veramente “libero”.

TU… CHI esser… Tuuuu?”: è la voce del Brucaliffo di “Alice nel paese delle meraviglie” che dovete immaginare quando qualcuno vi racconta di Port Land… una spianata di asfalto situata presso la zona portuale di Basilea divenuta, con il lavoro collettivo e con la partecipazione di persone “Belle ma belle davvero”, uno spazio dove la libera espressione (singolare e collettiva) si manifesta in una delle più accattivanti forme spazio-temporali d’Europa. Un’area della città situata al confine tra Svizzera, Francia e Germania (e destinata alla realizzazione di future opere portuali), è stata occupata con carrozzoni da circo che nascondono sale prova, baracche (di design) per il mojito e le birrette, mostre fotografiche infilate in vecchi vagoni del treno e laboratori artistici a cielo aperto. Uno luogo denso di storie diverse che per qualche anno avrà la possibilità di esistere e di generare idee, innovazione, creazione e tanto tanto “star bene”. Ed è senza malizia che molti dei nostri “domatori di tavuletta” hanno pensato: “Ma perché noi non abbiamo un posto così…”. Sfortunatamente per tutti quanti la risposta a questo pensiero non potrà risolversi in un mera comparazione delle disparità economiche tra “noi” e “loro”: non basta liquidare la questione con un qualsiasi riferimento (assolutamente giustificato in altri contesti) all’economia svizzera, fondata sul latte di mucca, sul cioccolato e sul riciclaggio finanziario del denaro sporco globale. Questa spiegazione non regge… non regge al confronto con la forza della “coltivazione di cultura” di cui Port Land è espressione… “minchia raga!”… Abbiamo dormito dentro una mostra fotografica d’eccezione, mica in un cassonetto della spazzatura! Questa è Port Land: un luogo che trasuda cultura da tutti i pori e incute un reverenziale rispetto… E quindi, capita che mentre stai scrivendo ti viene voglia di aggiungere qualche riga al tuo sapere e ricercando scopri che la più denigrata tra le democrazie occidentali, lo Stato “neutrale” (termine che, non si capisce bene per quale motivo, viene connotato in termini negativi) pieno di soldi che fiorisce sulle spalle degli altri, quella Nazione verde è madre di una delle prime costituzioni d’Europa (1848) e forse l’unica al mondo a fondarsi sulla “democrazia diretta” (ovvero sulle scelte “dirette” della gente [link]). Difficile escludere che vi siano dei rapporti di causa-effetto tra questa scoperta dell’una di notte e la realtà di Port Land. E’ qui che si fonda il “Dilemma svizzero”: franchi o vacche? Ma non divaghiamo…

Non è per comprendere il quadro sociopolitico svizzero che siamo partiti alla volta di questa “utopia realizzata”… siamo partiti per skate-are e per fare del bordello con gente che spacca il culo ai livelli. Ed è quello che abbiamo fatto. Dopo aver scassato due bottiglie di Barbera (non siamo riusciti a tenerne da parte nemmeno una per i nostri ospiti… siamo stati ingordi), parecchie birre e qualche pino, ci siamo ritrovati a prendere delle coppe stagionate tra le nervosissime transizioni del park. Sembrava d’esser caduti giù in un’enorme vagina umida con dentro un sogno matto… un’estasi tanto forte che “potresti aggiungere della pioggia.. e che allo smettere ci ritroviamo un party nella bowl, con gente vestita di dubbio gusto che balla e si scatena al suono della misera cassa che si son portati dietro… ed è a quel punto che il vero spirito del DIY ha la meglio su ogni pregiudizio che possa mai nascere… ma sicuro Port Land non è il posto dei pregiuzi, siamo in zona neutra”… E così tra un coro di voci femminili, un brindisi casuale, tra chiacchiere ad alto volume e tantissime risate sincere, abbiamo vissuto un’esperienza che senza dubbio descrive ciò che lo skateboarding é… al di là dei trikkoni, dei video, dei brand, dei contest, delle federazioni e delle squole “Full Time”. Ogni tanto vale la pena di ribadire che quella “tavuletta con quattro rotelle sotto” (almeno per alcuni) non è soltanto un giocattolo vuoto, un passatempo, una disciplina o una roba da cui trarre profitto: è un mezzo di produzione culturale, di condivisione radicale, di evoluzione dell’io e, in certi casi, un ancora di salvezza che ti riempie la vita. Le transizioni di Port Land raccontano tutto questo… ad ogni carvata. Port Land è la manifestazione concreta della creatività degli skateboarder e allo stesso tempo della vastità di ciò che “skatepark” può significare. Contro la noia delle strutture tutte uguali di aziende che realizzano skatepark “in serie” in buona parte del mondo conosciuto (l’Italia non fa eccezione), Oli Buergin, Rohan Anderson e tutti i ragazzi della vasta crew di Port Land contrappongono idee nuove, transizioni cazzutissime, spine improbabili e gobbette “trabocchetto” (le “tourist traps”) che servono a selezionare i “nuovi del park”. A meno di non skateare lì tutti i giorni non puoi stare rilassato nemmeno una frazione di secondo. Quando entri nel vortice, o domi tavola e curve o pigli le cartelle: non c’è via d’uscita. Eppure quando sei dentro… concentrato e col cervello nei piedi, tutto scorre fluido e quelle pieghe di cemento ostili producono un “flow”… un mantra.. un’improvvisazione di Miles Davis delle più complesse, elaborate ed affascinanti. E’ così che ci siamo guadagnati la sacrosanta “pagnotta” dello skateboarder: urla animalesche, ma affettuose per ogni ragliata di ruote della tavola di Melkior, manate di rispetto reverenziale per il Maschio Dominante, tavole sbattute a terra per le pesate di Paolino e… gente che accorre premurosa quando il buon Malanna si sfracella al suolo in un profondo stato di ubriachezza. I nostri valorosi cavalieri-zingari hanno ottenuto, con la macellazione volontaria del proprio corpo, il rispetto di quella gente pazzerella di lassù. Considerando la nottata stupenda che abbiamo passato, ne è valsa senza alcun dubbio la pena.

 

Dilemma Svizzero II

 Il vero problema sono i franchi: le vacche non c’entrano.

Svegliarsi tumefatti e dilaniati e riposanti sul pavimento di un “vagone mostra” dopo una serata a dir poco etilica, non è impresa facile… piano piano, come un guerriero che si risveglia tramortito, verificando una ad una le ferite lasciate come tatuaggi sul corpo dalla battaglia, giri sul lato buono (attento a non premere al suolo quell’angolo che pulsa come le tempie del dopo-sbronza) e provi a tendere i muscoli del collo per trascinare la schiena in posizione eretta… a quel punto, consapevole della fitta all’osso sacro, tastando cosce e polpacci, appoggi a terra le mani e ti tiri in piedi, mettendo a nudo tutte le difficoltà di una vera e propria “eroica impresa mattutina”. Il caldo ha fatto del suo meglio per appiccicare alle vesti tutto il sudore e gli umori della nottata precedente e, tra dolore diffuso, mal di testa, nausea e difficoltà di deambulazione, esci da quella stanza provvidenziale ritrovandoti di nuovo a contemplare, sotto un sole cocente, Port Land!

Qualche foto, 5 tibetani, grandi sorsate d’acqua, saluti (a gente che esce stiracchiandosi da una macchina parcheggiata poco più in là). Lasciando il Porto di Basilea viene da chiedersi se laggiù da qualche parte ci sia il Mare… ma non puoi scoprirlo perché il ritorno ti sta già trascinando verso Zurigo… verso un’area di sosta dove lavare le ferite e i denti e cacare e mangiare qualcosa… qualcosa… eccerto! Qualcosa, Ma se un caffè costa 4,40 franchi risulta complicato gestire le proprie voglie! Eppure qualcuno cede. “Un caffè per favore” uh.. “Certo signore! Paga con assegno o carta di credito?” ehm… davvero… non si può dare la colpa a quelle vacche, che brucano tranquillamente lungo i pascoli della strada verso uno degli skatepark più grandi d’Europa. E intanto si ricalcolano le ferite, si fa un brainstorming sugli opposti: Skateiamo/non Skateiamo, Dormiamo/non Dormiamo, Torniamo/non Torniamo, Tonniamo/Delfiniamo…

Quando poi Tom dice che siete arrivati state attraversando una strada compressa tra un vasto parco, e un turbocentrocommerciale. Al di là dei campi da calcio, da rugby, oltre i viottoli e le passeggiate campestri si stendono colline boscose. Tutto è pulito e disciplinato. All’ombra delle conifere si nasconde una costruzione oscura… si chiama Credit Suisse e domina la “valle incantata” dell’ordine. In questo amplesso di regolarità si estende una grande spianata di cemento curvato e spiegazzato… tutto molto bellino e ben fatto… le transizioni sono giuste, i muretti funzionano… tutto molto bello. Attraverso le reti (che segmentano con precisione gli spazi dedicati a ciascuno “sport”) si può anche fare il tifo per una qualche squadretta di calcio locale. Eppure qualcosa di amarognolo, (che sia rigurgito del delfino in scatola consumato poco prima?) salendo dallo stomaco attraverso la gola, ottura la gioia di stare in quel luna park pulito e gratuito. “Cosa c’è che non va? Non stai bene? Sei Ferito?”… “no… niente mamma… è solo che ieri sera… ma no! Lascia perdere!”. Droppi nonostante il delfino e ti godi quell’angolo di mondo progettato, realizzato e solidamente pianificato per la tua tavuletta… e ridi di tutti i cazzoni censurati che colano in bianco e nero dai coping (chissà perché gli skateboarder hanno sta fissa dei cazzi…)… e in fondo te ne fotti se la gente che ti circonda non è proprio quella di ieri, te ne fotti se (anche sotto il sole cocente) i rapporti con chi ti circonda sono freddi e distaccati. Te ne fotti e skatei: come sempre… che il paradiso non esiste, sebbene da qualche parte gli uomini abbiano realizzato qualcosa che a quell’idea di pace sulla terra si avvicina molto.

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